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Discariche a mare aperto

19 Mar 2020 | (PLANET)

Nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nei nostri mari. Ma c’è qualcuno che vuole cambiare questa tendenza.

Dicono che le migliori invenzioni nascono da incidenti di percorso e da casi fortuiti, ma a volte le grandi scoperte derivano da grandi, grandissime incazzature.
Scusate il francesismo, ma come reagireste se vi dicessero che nel 2050 nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesci?
È effettivamente questa la proiezione da qui a 30 anni dello stato delle nostre acque.

Il 22 marzo ricorre la giornata mondiale dell’acqua, il World Water Day: in occasione di questa ricorrenza gli Stati dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sono invitati alla promozione dell’acqua promuovendo attività concrete nei loro rispettivi Paesi. Quale migliore occasione per parlarti di chi, consapevole della situazione attuale, si sta impegnando per ridurre l’inquinamento marino?

La scoperta di Fionn

Iniziamo con un giovanissimo inventore, di cui forse ti ricordi perché te ne avevamo parlato anche qui: Fionn Ferreira.
Trascorrendo la maggior parte del suo tempo libero in attività all’aperto, il diciottenne irlandese si è reso mano a mano conto dei pericoli legati dell’inquinamento ambientale provocato dalle microplastiche. Le microplastiche derivate da saponi, detersivi, cosmetici e abiti sintetici sono uno dei peggiori spettri dell’inquinamento causato da oltre 8 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani.
Non dobbiamo aggiungere che questo materiale nocivo va a finire anche nel pesce che porti in tavola, giusto?
Bella scocciatura, penserà qualcuno. La buona notizia è che questa scocciatura ha spinto Fionn ad agire: ha messo al servizio del Pianeta le sue conoscenze chimiche e ha scoperto come il ferrofluido poteva tornare utile per estrarre le minuscole particelle di plastica (inferiori ai 5 millimetri) dall’acqua. Il liquido magnetico non tossico costituito da olio e magnetite (polvere di ossido di ferro) nell’acqua è in grado di attrarre le microplastiche a causa delle proprietà non polari di entrambi. Detto in parole povere, ha scoperto la calamita per la plastica degli oceani.
Grazie a questa scoperta, Fionn si è meritatamente guadagnato il Google Science Fair del 2019.

Guarda il video per saperne di più

The Ocean Cleanup: lo strumento che ha eliminato un’isola di plastica

Ogni anno si disperdono circa 600.000-800.000 tonnellate di attrezzi da pesca in mare. Altri 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica arrivano dalle spiagge.
Le correnti oceaniche hanno riunito una vasta zona di tali detriti a metà strada tra le Hawaii e la California, dove, a causa delle correnti, si è concentrata in un punto. È il più grande accumulo di plastica negli oceani del mondo.

Ed ecco che uno strumento galleggiante progettato da scienziati olandesi ha ripulito l’Oceano Pacifico da un’isola di plastica che ha un’area tre volte maggiore della Francia. Un vero successo: Boyan Slat, il fondatore del progetto Ocean Cleanup afferma che questo filtro galleggiante lungo 600 metri ha raccolto i detriti della famosa Great Pacific Garbage Patch, conosciuta come l’Isola di Plastica.

Questo sistema di pulizia marino è pensato non solo per raccogliere reti da pesca e grandi oggetti di plastica, ma anche le microplastiche: questa barriera scende di tre metri in profondità e permette così di intrappolare circa 1,8 tonnellate di rifiuti senza disturbare le specie marine.
Per monitorare il lavoro di questo utile device, quest’ultimo è fornito di trasmettitori e sensori in modo da trasmettere la posizione satellitare a una nave che trasporta con cadenza mensile/bimestrale i rifiuti raccolti.

Seabin Project: i “cestini” tra le onde

“Se possiamo avere i cestini della spazzatura sulla terraferma, perché non averli anche in acqua?”
Questa è l’intuizione di Andrew Turton and Pete Ceglinski, i fondatori di Seabin Project.

Cosa sono i Seabin? Sono i bidoni della spazzatura da mare, inseriti in acqua per raccogliere rifiuti, petrolio, benzina e detergenti vari.
Anche questa invenzione è scaturita da una profonda rabbia: Turton e Ceglinski, due appassionati della vita in oceano, non ne potevano più della cattiva gestione dei rifiuti, una delle cause principali dell’inquinamento delle acque.

Piccole soluzioni tecniche possono avere un impatto importante in un’area circoscritta. Questi “bidoni marini” sono strumenti che risucchiano l’acqua, intrappolando i rifiuti in una rete, e la espellono ripulita nell’ambiente.
“Ci sono già circa 860 Seabin in 26 Paesi in tutto il mondo, che raccolgono 4 kg di rifiuti al giorno – ci aggiriamo intorno alle 1,4 tonnellate l’anno” afferma Ceglinski.

Serviranno a qualcosa questi progetti?

Quello che cercano di fare questi e molti altri inventori, imprenditori e attivisti non è semplicemente -si fa per dire- ripulire i nostri mari e oceani dai rifiuti, ma è far nascere una vera e propria consapevolezza sul fatto che l’inquinamento vada innanzitutto prevenuto, in modo da non dover arrivare a ripulire l’oceano da grandi rifiuti e da frammenti microscopici difficili da rimuovere.

“Non vogliamo che le persone si sentano tranquille perché, se lanciano una bottiglia di plastica in acqua, ci saranno i Seabin che la raccoglieranno per loro” precisa Ceglinski, “perché alla base c’è un’educazione consapevole per prevenire questi comportamenti”.

Fa parte della natura umana arrabbiarsi: spesso andiamo in collera di fronte alle ingiustizie e ai cattivi comportamenti del resto della società.
Ma l’apatia e le lamentele fine a sé stesse sono anch’essi cattivi comportamenti: agire, inventare, parlare di un problema sono le vere soluzioni.

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