Una volta rispettavamo la Natura, poi cosa ci è successo?

26 Giu 2020 | History for future

Un giorno, tantissimi anni fa, abbiamo deciso che eravamo più importanti di tutto il resto.

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Campagna (1338-1339), Siena

Gli alberi hanno sempre trovato il modo di diffondersi su gran parte delle terre emerse. Lo studio “Timescale of early land plant evolution”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences USA, ha dimostrato come le prime piante abbiano colonizzato la superficie terrestre a partire da 500 milioni di anni fa. Per dare un metro di paragone, l’Homo habilis fece la sua comparsa circa 2,4 milioni di anni fa.

La nostra evoluzione in Homo sapiens è strettamente collegata agli alberi e alle foreste, con le quali abbiamo avuto un rapporto quasi simbiotico in alcuni casi, ma spesso parassitario.
Si stima che tra il X e XIV secolo la superficie del manto forestale europeo sia stata ridotta di circa la metà. A cos’è dovuta questa strage?

Gli elementi da prendere in considerazione sono molteplici. In Italia il vero declino cominciò con la guerra gotica, che decimò la popolazione e spinse i superstiti a cercare rifugio nelle campagne, sui colli e sui monti della nostra penisola, cercando protezione dalle violenze e dai saccheggi degli eserciti. Basti pensare che la popolazione di Roma all’inizio del VI secolo è stimata da alcuni storici attorno alle 100.000 persone. Alla conclusione della guerra gotica si contano all’incirca 30.000 cittadini.

Questo periodo vide l’abbandono di molte delle terre coltivate, a causa del crollo demografico e della riduzione della domanda alimentare derivante dalla distruzione delle infrastrutture. Per questo le terre abbandonate, in poco meno di un secolo, vennero riconquistate da un’armata verde, che si muoveva lentamente ma con determinazione.

Le foreste nell’alto medioevo però non erano dei luoghi selvaggi, nati dall’incuria e dall’abbandono. Al contrario, l’uomo aveva una parte attiva nel creare boschi di noci e castagni, per le sue esigenze alimentari, e di faggi e querce per nutrire gli animali.
La tutela delle aree boschive non faceva capo solamente alle singole comunità, ma addirittura nell’Editto di Rotari del 643 si affrontava questo tema, ponendo un particolare accento sulla tutela della Vite, del Castagno e dell’Ulivo.
In questo periodo storico, le comunità si basavano fortemente sull’apporto delle selve. I nobili andavano a caccia, ma era la gente comune a trarne il maggior sostentamento alimentare ma anche materiale. Con le foglie secche ci si potevano nutrire i pochi animali, ci si foderavano i materassi e i cuscini. Gli arbusti spontanei consentivano di avere un minimo di igiene orale. Infine, le foreste, per quanto pericolose, erano una vera e propria una difesa naturale dalle soldatesche che devastavano la penisola. Questo rapporto tra uomo e foresta però, non era destinato a durare.

Anche in questo caso si tratta di un insieme di fattori: l’aumento delle temperature che iniziò a consentire di avere estati più calde ed inverni più miti; la Battaglia di Lechfeld, nella quale Ottone I mise fine alle incursioni degli Ungari che devastavano l’Europa; la lenta ripresa dei commerci, anche le crociate a loro modo ebbero un impatto sulla ripresa dell’anno 1000. Poco a poco la popolazione europea, e quella italiana in particolare, tornarono a crescere, rendendo necessario trovare nuove superfici coltivabili.

Il più delle volte non si trattò di un processo repentino. Di generazione in generazione, famiglie di contadini cominciarono a disboscare, dissodare e coltivare le superfici attorno ai loro villaggi. Anche monasteri e proprietari terrieri si resero conto che era molto più conveniente disboscare le proprie terre per farci villaggi e terreni da coltivare.
Questo è anche il periodo di ripresa delle città: l’incremento demografico iniziò a muovere masse di persone dalle campagne ai centri urbani principali, in cerca di fortuna e di una vita lontana dagli obblighi feudali del periodo. Solo i ricchi e i potenti disponevano dei fondi necessari per realizzare opere in muratura, mentre per le residenza della classe popolare si faceva un ampio utilizzo del legno.

Tuttavia è proprio nelle città che qualcosa si iniziò a muovere. I comuni presero coscienza del proprio potere e iniziarono ad esercitarlo sulle terre che circondavano la città, strappandole ai proprietari terrieri.
Proprio in queste città avvenne la prima presa di coscienza del periodo. A Bologna, già nel XIII secolo il comune impose la tutela dei boschi nel contado, comprendendo quanto fosse importante per la sopravvivenza della comunità poter fare affidamento su un bosco. Tuttavia la mentalità era cambiata: l’uomo non era più una delle figure che compongono il creato, ormai si sentiva il protagonista assoluto. La natura diventò un qualcosa da piegare e sfruttare per i propri scopi.

Ed è proprio in questi anni che viene posto il seme di una mentalità tutt’oggi valida e che ci sta portando a distruggere il nostro Pianeta.

Non guardiamo al passato con biasimo. Ormai è passato e non si può cambiare.

Ma tiriamone fuori un importante insegnamento per il futuro: la convivenza con la natura è il beneficio della comunità! Dobbiamo lottare per ritrovare l’equilibrio perduto, perché in 600 anni di storia abbiamo pur dovuto imparare qualcosa. O forse no?

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